domenica 22 luglio 2012

Ugas insiste... nel continuare a non capire


di Mauro Peppino Zedda


Ieri, nel blog gianfrancopintore, Giovanni Ugas ha replicato al post Caro amico ti scrivo…, ecco la mia ulteriore risposta.

Caro Giovanni Ugas,
non pensavo certo di offenderti nel dire che Tu e gli altri archeologi sardi (Alberto Moravetti, Peppina Tanda e tutti gli altri) continuate a non capire i risultati delle mie ricerche archeoastronomiche, quando scrivi “Infatti essendo numerosi, a migliaia, si troveranno sempre dei nuraghi, opportunamente scelti, disposti in modo tale da comporre tra loro tutte le più importanti costellazioni del firmamento visibili ad occhio nudo.”, dimostri di continuare a non capire, insisto nel ribadirlo perché non voglio assolutamente pensare che tu fai finta di non capire (i contenuti dei miei studi archeoastronmici) e che le tue osservazioni siano finalizzate a imbrogliare le carte.
Le mie carte sono chiare, sono state pubblicate come articoli scientifici (in prestigiose riviste scientifiche accademiche) e come monografie, ed hanno messo in luce che l’ingresso dei monotorre e delle torri centrali, le linee tangenti alle torri periferiche dei nuraghi complessi, la dislocazione dei nuraghi, risponde a criteri astronomici connessi coi solstizi e lunistizi. Inoltre i nuraghi oltre ad essere orientati e dislocati astronomicamente presentano dei casi in cui sono stati addirittura concepiti astronomicamente.
E tu che fai ? Banalizzi la questione, dimostrando di non capirla o facendo finta di capirla!
Caro Giovanni e mie carte sono così chiare che i maggiori archeoastronomi accademici del mondo hanno riconosciuto le mie tesi.
Tu e gli altri archeologi sardi avreste avuto il dovere di prendere atto del significato astronomico dei nuraghi almeno da quindici anni fa, cioè dal momento che i maggiori archeoastronomi accademici del mondo hanno preso atto della bontà delle mie proposte, io non voglio minimamente pensare che ancora oggi facciate finta di non capire, semplicemente non capite. Non capite nè il significato astronomico dei nuraghi, né che esistono i presupposti per accettarlo anche se non avete le conoscenze idonee a comprenderlo, visto che viene accettato dai più autorevoli archeoastronomi del mondo.
Tornando al significato dei nuraghi, nel mio Archeologia del Paesaggio Nuragico ho scritto che i nuraghi sono, ontologicamente, più vicini ai nostri campanili che alle nostre chiese.
Che i nuraghi siano torri non ho mai avuto il minimo dubbio, come sul fatto che dire torre non significa dire castello!!
Nella mia replica ti ho dimostrato che gli argomenti che a tuo parere indicano che i nuraghi siano fortezze, non sono validi (cfr post Caro amico ti scrivo…) e per approfondirli rimando ad Archeologia del Paesaggio nuragico.
Tu scrivi che “Zedda stesso ammette che nei nuraghi si accumulavano le risorse e che dunque implicitamente vi erano esigenze difensive; queste non potevano essere affrontate senza apparecchiature di difesa, cioè senza le torri dei nuraghi stessi.”. Scusa, ma non ho mai scritto, né detto, che nei nuraghi si accumulavano risorse!!!
I nuraghi hanno dei risibilissimi spazi interni e non credo proprio che siano confacenti ad ospitare genti normali (per viverci) o derrate alimentari. Diverso il discorso per le meigas, "equiparabili" alle nostre monache di clausura, ovviamente con differenti ruoli.
Certamente il dato di fatto, oltre al loro orientamento e dislocazione astronomica, è il fatto che quando la spiritualità nuragica ritorna iconica nel Bronzo Finale (per te nell’età del Ferro) i nuraghi vengono utilizzati come sacelli votivi, possibile che a te non sembra strano che migliaia di fortezze vengono in templi?
Come ti è possibile pensare che le migliaia di lillipuziane fortezze (orientate e dislocate astronomicamente) vengano trasformate in luoghi di culto?
Perché il loro cambio di destinazione d’uso avviene quando la spiritualità passa dall’aniconismo all’iconismo?
Perchè dei capi e dei guerrieri sui quali continui a fantasticare non c’è traccia né nei nuraghi né nelle tombe?
Considerando i dettami astronomici con cui sono stati costruiti i nuraghi, e valutando con attenzione che quando la spiritualità diventa iconica i nuraghi vengono utilizzati come sacelli votivi, è logico pensare che l’utilizzo dei nuraghi all’epoca della loro edificazione fosse nella sfera del sacro. Purtroppo è assai difficile stabilire i contenuti di una religiosità aniconica quale fu quella delle genti che li edificarono, certamente era una religiosità dove l’edificazione dei nuraghi aiutava ad “acquietare” tensioni relative allo spazio e al tempo, e su questo ha dato un ottimo contributo Franco Laner (cfr Accabadora, 1999, Sa ‘Ena 2011), e recentemente Arnold Lebeuf (L’osservatorio lunare di Santa Cristina 2012) dimostrando che i nuragici erano genti interessate a prevedere le eclissi.

2 commenti:

  1. A me pare che il prof. Ugas, quando scrive: «Infatti essendo numerosi, a migliaia, si troveranno sempre dei nuraghi, opportunamente scelti, disposti in modo tale da comporre tra loro tutte le più importanti costellazioni del firmamento visibili ad occhio nudo» scambi il disegno delle costellazioni con l'orientamento astronomico di un edificio. Non credo che nessuno abbia mai asserito per i nuraghi una disposizione planimetrica analoga alle piramidi d'Egitto che riprodurrebbero la costellazione di Orione... ma semplicemente l'orientamento della torre concepito per segnare i solstizi e tutti quei fenomeni astronomici così importanti per i popoli antichi e sui quali basavano le pratiche agricole e ogni aspetto della vita civile e religiosa (aspetti che si suppongono coincidenti).
    A che pro orientare astronomicamente una fortezza? Una fortezza si costruisce in base a considerazioni militari difensive e nessun nuraghe, semplice o complesso, mostra alcun segno di opere militari atte a contenere l'avanzata di truppe nemiche.
    "La Sardegna nuragica" di Massimo Pittau ha ampiamente dimostrato l'assenza di qualunque funzione militare dei nuraghi ed ha ridicolizzato l'archeologo "militarista" Lilliu che nei suoi testi vaneggia e fantastica di "fuoco di sbarramento incrociato" tra un nuraghe e l'altro, senza preoccuparsi di descrivere quali armi avveniristiche possedessero i nuragici...

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  2. A proposito di “Caro amico ti scrivo”, quando nel 2006 lessi sui quotidiani dell'isola la notizia della presentazione del libro “L'alba dei nuraghi” di Giovanni Ugas, fuorviato dal titolo, che faceva presagire una qualche novità in merito all'origine della civiltà nuragica, mi son detto: Finalmente l'archeologia ufficiale prende in considerazione quanto emerso dagli studi di Mauro Peppino Zedda. Ho acquistato il testo e purtroppo a fine lettura la delusione è stata molto grande. Sugli argomenti evidenziati da Zedda quindici anni prima, con “I nuraghi il sole la luna” e successivamente con “Santu Antine” del 2003 (che a mio avviso dovrebbe essere dato in dotazione alle guide della coperativa che opera nel nuraghe), e con “I nuraghi tra archeologia e astronomia” del 2004, niente di niente; Zedda non compare neppure nella bibliografia. L'eminente archeologo si rivelato solo come un'archivista catalogatore. Faccio mia quindi la tua considerazione “... fa finta di non capire o non capisce”, anche se io propendo per la seconda o detto in altro modo: non c'è peggior cieco di colui che non vuol vedere. Condivido appieno quanto scrivi in appendice ad “Archeologia del paesaggio nuragico” in merito al ritardo arrecato alla ricerca per un rifiuto ventennale ad entrare scientificamente nel merito della questione astronomica. Io penso che questo sia dovuto ad una miserevole disonestà intellettuale e non per una incolpevole incapacità. Tantissime osservazioni brillanti ed esatte sono rimaste inutilizzate soltanto perché non si conciliavano con le credenze del tempo o con i dogmi dottrinali della scienza ufficiale e chi a seguito di riflessioni e intuizioni personali si cimenta in ricerche che portano alla scoperta di nuove teorie in tematiche specifiche corrono il rischio di farsi considerare degli intrusi, dilettanti se non anche in certi casi come ignoranti. Ma è un rischio che si deve affrontare perché, malgrado tutto l'impegno personale profuso, ciascun individuo non può essere esperto in tutto e per risolvere problemi bisogna lavorare in maniera collaborativa perché ogni nuova scoperta è il frutto dello scambio di informazioni. Concludendo dico: Bravo Mauro, mi piace il tuo non arrenderti.

    Giancarlo Melis
    giancarlo.melis@gmail.com

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