mercoledì 6 dicembre 2017

Congruenza linguistica protosarda ed etrusca




di Massimo Pittau

In Sardegna, nella sua zona centrale di Mores, Padria, Bonorva, Benetutti, Bono, Silanus, Norbello, Busachi e Samugheo, in occasione delle feste religiose e dei matrimoni, è tuttora in uso il cosiddetto tzicchi (tzikki), pane de ~ «pane di fior di farina».

In primo luogo c’è da precisare che per tzicchi si intendono numerose varietà di pane, tutte di «fior di farina», ma di forme assai differenti da paese a paese e pure di impasto e di cottura. Spesso presentano disegni floreali oppure sono lavorati con figure di uccelli. Talvolta presentano la rosella solare fatta con la cosiddetta “pintadera” oppure il nome del panettiere fatti con timbri di legno.
A pensarci bene, ciò che accomuna queste varie forme di tzicchi è il fatto che tutte vengono preparate in occasione delle feste, dunque tutte come «pane delle feste». Anche se ormai si trovano tutti giorni nei supermercati.
Del pane tzicchi aveva già parlato Max Leopold Wagner nel suo Dizionario Etimologico Sardo (DES II 589), ma senza prospettare alcuna etimologia del vocabolo.
Sia nel mio Dizionario della Lingua Sarda (Cagliari 2000) sia nella sua nuova edizione intitolata Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda (Selargius, CA, 2014, ormai anche in edizione digitale) io avevo riportato l’appellativo sardo probabilmente al franc.-ital. chic «fine, di lusso, di stile». Senonché mi sono accorto di avere sbagliato per due motivi: I) Essendo certamente il franc.-ital. chic un cultismo, esso sarebbe conosciuto e diffuso dappertutto nell’Isola e particolarmente nelle città e cittadine, mentre di fatto esso risulta documentato solamente in una zona limitata dell’Isola; II) Questo cultismo avrebbe dato origine, soprattutto nella sua parte finale, a varianti in rapporto alle diverse località isolane; il che invece non si constata per nulla.
Ciò premesso decido di ritornare ad una mia tesi originaria, che avevo pubblicizzato in precedenza nella mia opera Origine e Parentela dei Sardi e degli Etruschi (Sassari 1995), pgg. 231-232).
Io torno a connettere il (proto)sardo tzikki con gli etruschi ZIC, ZIK, ZIX «segno, disegno, pittura, firma», «scritto» (sost.), «libro»; ZICU, ZIXU «scriba, scrivano»; ZIXAN( probabilmente «segnano, disegnano, scrivono»; ZIXINA/E forse «segna(no), disegna(no), indica(no), scrive(ono)»; ZIXNE «segno, disegno, segnale, insegna, pittura», da confrontare coi lat. signum «segno» (finora di origine incerta; DELL, DEI, DELI) e sigillum «piccolo segno, sigillo» (Orazio, Ep., II, 2, 180 cita i Tyrrhena sigilla «bronzetti etruschi»); ZIXRI «da segnare, da contrassegnare, da firmare»; ZIXUNCE «(e) che (tu) segni!, (e) che (tu) scriva!», oppure «ha segnato, ha scritto»; ZIXUXE «segnò(arono), disegnò(arono), dipinse(ro), scrisse(ro), firmò(arono); ha(nno) segnato, disegnato, scritto, dipinto, firmato» (vedi Thesaurus Linguae Etruscae).
La piena e chiara conferma di questa mia tesi viene dal fatto che su pane tikki in alcune località viene detto pane pintau «pane dipinto»!

lunedì 4 dicembre 2017

Archeoastronomia in salsa turritana



di Mauro Peppino Zedda


In un mio precedente articolo in questo blog Archeoastronomia allaCabizza-Forteleoni analizzai l'articolo di esordio dei due astrofili turritani in campo archeoastronomico
Il loro primo articolo “La misura del tempo”, risultati preliminari, in Cronache di Archeologia, vol 8, 2011), trattava dell’orientamento delle 156 domus de janas. I due esordienti presentarono un "azimut", che non era il vero azimut geografico, ma un azimut corretto con l’altezza dell’orizzonte visibile.
Mi chiedevo perché i due astrofili Turritani non avessero seguito le procedure comunemente seguite dagli studiosi di archeoastronomia di tutto il mondo?
Perché Cabizza e Forteleoni, non presentarono i dati relativi all’azimut geografico, all’altezza dell’orizzonte e alla declinazione di ogni singolo orientamento?
Nell'articolo era presente pure una tabella che riportava i dati azimutali riferiti ai lunistizi maggiori meridionale e settentrionale, in cui i dati risultavano invertiti. Pensai ad un refuso piuttosto che a una scarsa conoscenza dei cicli lunari, dunque su questa questione non feci nessuna critica.
Nel loro secondo articolo (La misura del tempo. Il neolitico e lo stato delle ricerche, in Cronache di Archeologia, 10. La misura del tempo. Atti del 2° convegno internazionale di Archeoarcheoastronomia in Sardegna dicembre 2012, Sassari, 2013, pp 19-43) i due astrofili, citano il lunistizio maggiore meridionale, mentre avrebbero dovuto citare il lunistizio maggiore settentrionale, dunque l'errore presente nella tabella inserita nel primo articolo non è un errore dovuto ad un refuso, ma conseguente ad una scarsa conoscenza dei cicli lunari.
In relazione ai dati dell'orientamento delle domus de janas questa volta hanno seguito un criterio normale agli studi di archeoastronomia, presentando un azimut geografico, un altitudine e la relativa declinazione per ogni singolo orientamento.
Ma dall'analisi dei loro dati emerge un fatto curioso, quasi tutti i loro 300 (circa) azimut (eccezione di 5 domus de janas a Goni) sono espressi in numeri non interi. É difficile comprendere il motivo per cui hanno indicato l'azimut sempre con l'aggiunta del mezzo grado (69,5 – 98,5 – 82,5 ecc.).
Come può essere possibile che non abbiano trovato orientamenti caratterizzati da un numero intero?
Che tipo di bussola hanno utilizzato?
Che bussola eccentrica!
In tutto il panorama dell'archeoastronomia mondiale deve essere il solo caso in cui l'insieme delle misure viene presentato in questo modo.
Mi assale il dubbio che volessero far intendere di aver approssimato i valori al quarto di grado, ma nel giochetto gli è scappata la "virgola"...
I dati sull'altezza sempre con numeri interi (1 - 2 - 3 ecc). Bene, l'approssimazione è di mezzo grado, ed è giusto farla con i numeri interi
La declinazione l'hanno espressa approssimandola al decimo di grado, forse non sanno che quando si approssimano gli azimut e le altezza al mezzo grado, per la declinazione si deve riportare un dato anch'esso approssimato al quarto di grado per evitare che il dato in declinazione (frutto del calcolo sulla base dei dati in azimut e altezza) mostri una precisione che in realtà non c'è, per via della approssimazione precedente.
In premessa alla loro analisi quando descrivono le procedure utilizzate nella misurazione scrivono: "La scelta per lo strumento di misurazione è caduta sulla bussola, invece del teodolite o del Gps topografico – che garantirebbero elevate accuratezze inferiori al secondo d'arco,- per il fatto che le domus sono monumenti preistorici realizzati con tecniche di lavorazione spesso non di precisione e che oggi versano in gran parte in cattivo stato di conservazione.
La determinazione del dato da rilevare non è infatti sempre univoca e l'errore generato dalla scelta soggettiva della direzione è ben superiore a quello prodotto dal fatto di non aver utilizzato una strumentazione di alta precisione."
Il concetto è ripreso pari passo da diverse pubblicazioni di Michael Hoskin a partire dagli anni novanta, che sulla questione criticò Proverbio e Romano per l'utilizzo del teodolite anche dove non serviva, ovvero in classi di monumenti ove la direzione dell'asse d'ingresso non è definibile in modo univoco. I concetti metodologici enunciati da Hoskin li ho adottati e ripresi nei miei libri. Non so se Cabizza e Forteleoni siano arrivati a quelle stesse deduzioni in modo autonomo, ma comunque una citazione ci sarebbe stata bene.
Per quanto riguarda le loro conclusioni sul target dell'orientamento delle domus de janas scrivono:
il 96% dei rilievi ricadono nell'intervallo compreso tra azimut di levata e tramonto del sole al solstizio d'estate;
il 4% degli ipogei di conseguenza si affacci in un arco di orizzonte in cui non sorge mai il sole;
il 69% ricade nell'intervallo compreso tra la levata e il tramonto eliaco nel solstizio invernale;
il 98% è compreso tra la levata e tramonto della Luna nel massimo lunistizio meridionale.
In perfetta sintonia con il loro precedente articolo continuano a confondere il lunistizio meridionale con quello settentrionale.
Se la prima poteva essere una svista ora c'è la conferma che sul concetto di lunistizio Cabizza e Forteleoni hanno le idee confuse!
Comunque sia, seppur condotti in maniera maldestra, gli studi di Cabiza e Forteleoni hanno confermato i miei studi precedenti (vedi Belmonte e Zedda “From Domus de Janas to Hawanat: on the orientations of rock carved tombs in the Western Mediterranean” in proceedings of the SEAC 2005 Lights and Shadows in Cultural Astronomy, 2007 Isili) ripresi nel libro Astronomia nella Sardegna Preistorica (2013).
Su un campione di 649 domus de janas si è rilevato che il:
il 95% sono orientate entro l'arco di orizzonte che percorre il sole al sosltizio d'estate, un arco d'orizzonte pari a due terzi dell'intero orizzonte;
Il 5% entro l'arco di orizzonte dove non passa il sole, un terzo dell'intero orizzonte;
il 98% entro l'arco di orizzonte che percorre la luna al lunistizio maggiore settentrionale;
il 2% entro l'arco di orizzonte dove non passa la Luna.